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La sostituzione testamentaria, cosa succede se l'erede muore prima del testatore?
L’individuazione concreta dei soggetti chiamati all’eredità non risulta sempre agevole a causa di alcune vicende che possono influire sulla successione legittima o testamentaria.
Nelle successioni testamentarie può accadere, ad esempio, che il testatore preveda espressamente che se un soggetto da lui designato come erede non possa o non voglia accettare l’eredità (perchè gli premuore o perchè rinunzia all’eredità) ad esso debba subentrare per sostituzione un altro soggetto.
Un esempio pratico di una clausola testamentaria che il de cuius potrebbe formulare è:
Istituisco erede Tizio ma, se questo al momento dell’apertura della mia successione dovesse essere a me premorto, o nel caso rinunzi all’eredità, in sua sostituzione nomino erede Caio.
Questo istituto, che prende il nome di “sostituzione“, è disciplinato dall’art. 688 c.c. e consiste in pratica in una doppia istituzione erediaria sottoposta a condizione.
Il testatore può sostituire all’erede istituito altra persona per il caso che il primo non possa o non voglia accettare l’eredità.
Se il testatore ha disposto per uno solo di questi casi, si presume che egli si sia voluto riferire anche a quello non espresso, salvo che consti una sua diversa volontà.
Nella sostanza il sostituito (ossia il chiamato in subordine) è chiamato alla successione solo nel caso in cui il primo istituito non subentri nell’eredità del defunto (ad esempio perchè è deceduto prima della successione).
È evidente, dunque, che la sostituzione testamentaria influisce sulla concreta attribuzione delle quote ereditarie: infatti in un’istituzione ereditaria senza sostituzione, se il chiamato all’eredità premuore, la quota di eredità passa agli altri successibili secondo l’ordine stabilito dalla legge, mentre se è stata predisposta dal testatore una sostituzione, quest’ultima prevale sulla chiamata ulteriore per legge.
La successione per rappresentazione, il subentro dei figli.
Il diritto di successione per rappresentazione è disciplinato dall’art. 467 e seguenti c.c. e prevede il subentro dei discendenti dei figli, e dei discendenti dei fratelli, nel luogo e grado dell’ascendente, nel caso in cui questi non può, o non vuole accettare l’eredità, in assenza di una diversa volontà espressa dal testatore.
Per cercare di semplificare quanto più possibile il significato e la portata di un istituto dai molteplici risvolti si può dire che il diritto di rappresentazione nelle successioni comporta ch,e nel caso in cui al momento dell’apertura della successione del defunto il chiamato, che sia figlio o fratello/sorella del defunto, non può o non vuole accettare l’eredità ad esso subentrano i suoi figli.
Facciamo un esempio pratico sulla successione per rappresentazione:
Tizio muore e lascia come eredi testamentari il figlio Caio, che ha a sua volta un figlio Caietto, e il fratello Sempronio, che ha una moglie Sempronia e due figli Sempronietto e Sempronietta; se al momento dell’apertura della successione di Tizio, Caio e Sempronio sono già morti o rinunziano all’eredità, ad essi subentrano Caietto nella quota di Caio e Sempronietto e Sempronietta in parti uguali nella quota di Sempronio.
Per espressa disposizione legislativa la rappresentazione nella successione legittima e la rappresentazione testamentaria non operano se il testatore ha previsto delle sostituzioni.
Diritto di accrescimento.
L’art. 674 c.c. prevede l’accrescimento della quota ereditaria tra coeredi che sono stati istituiti con uno stesso testamento nell’universalità dei beni senza determinazione di parti o in parti uguali; nel caso in cui uno di essi non possa o non voglia accettare l’eredità la sua quota si accresce all’altro coerede.
L’accrescimento opera solo in caso di mancanza di volontà diversa espressa del testatore (la sostituzione) e in mancanza dell’operatività della rappresentazione.
Presupposti dell’accrescimento nella successione testamentaria sono:
- la chiamata congiunta dei coeredi con lo stesso testamento;
- l’istituzione senza determinazione di parti o in parti uguali.
Nella successione legittima si parla atecnicamente di accrescimento in quanto questo non opera con i presupposti previsti dall’art. 674 c.c. bensì ai sensi dell’art. 522 c.c.
La norma in esame stabilisce che se l’erede rinunzia all’eredità, la sua quota si accresce a coloro che avrebbero concorso con lui.
Ad esempio, se il defunto lascia una moglie e tre figli ed uno di questi rinunzia all’eredità, la sua quota si accresce agli altri due figli.
Anche in questo caso prevale il diritto di rappresentazione per cui, sintetizzando, si può dire che l’ordine di prevalenza dei citati istituti è il seguente: sostituzione, rappresentazione ed infine accrescimento.