Indice
- Rapporti tra polizza assicurativa sulla vita e successione del contraente
- Assicurazione vita, può ledere la legittima?
- Come si calcola la quota di legittima e la quota disponibile?
- Qual è la quota di legittima e di disponibile in caso di legittimario che rinunzia all’eredità?
- Atto di reintegrazione della legittima
Rapporti tra polizza assicurativa sulla vita e successione del contraente
Una delle forme più utilizzate per proteggere il patrimonio e, allo stesso tempo, organizzare il passaggio generazionale è la stipula di una polizza di assicurazione sulla vita.
Trattasi di un contratto con cui un soggetto (denominato contraente), a fronte del pagamento dei premi assicurativi, garantisce al beneficiario la corresponsione di una somma al verificarsi della morte del contraente stesso.
Una delle caratteristiche principali della polizza vita è che essa, pur determinando un trasferimento di ricchezza in seguito alla morte del contraente, non ha rilevanza successoria; infatti, la causa del trasferimento di denaro per incasso della polizza non è la morte del contraente bensì direttamente il contratto stipulato in vita da questi con la Compagnia Assicurativa. La morte costituisce, quindi, solo la condizione di efficacia del contratto inter vivos stipulato in vita.
Ciò risulta chiaramente dall’art. 1920 c.c. che disciplina l’assicurazione sulla vita a favore di un terzo e stabilisce che il terzo acquista un diritto proprio ai vantaggi assicurativi, che trova la sua fonte nel contratto di assicurazione; l’arricchimento del beneficiario avviene, dunque, iure proprio e non iure successionis.
Conseguentemente, la polizza assicurativa contratta da un soggetto che poi decede non va inserita nella denuncia di successione e la somma corrisposta a seguito dell’incasso della polizza non è soggetta all’imposta di successione.
Assicurazione vita, può ledere la legittima?
Come evidenziato anche dalla giurisprudenza, la polizza assicurativa sulla vita costituisce una donazione indiretta che il contraente fa a vantaggio del beneficiario. Si tratta, infatti, di un impoverimento di un soggetto (contraente) a vantaggio di un altro soggetto (beneficiario) per spirito di liberalità.
Oggetto della donazione indiretta, però, non è la somma che incasserà il beneficiario quando riscatterà la polizza alla morte del contraente bensì le somme versate a titolo di premio dal contraente all’Assicurazione; è solo questa somma, infatti, che esce dal patrimonio del contraente e che rappresenta, dunque, l’impoverimento di esso.
Per stabilire se le assicurazioni sulla vita a favore di un beneficiario ledono la quota di riserva dei legittimari occorre, pertanto, guardare alle somme versate come premio dal de cuius e non a quanto incassato dal beneficiario.
La formula da utilizzare per calcolare la massa ereditaria e stabilire se c’è stata lesione della legittima è la seguente: relictum – debiti + donatum; nel relictum andrà indicato il valore dell’attivo che ha lasciato il defunto, a questo andranno detratti i debiti ed aggiunte le donazioni effettuate in vita (che nel caso di assicurazione sulla vita, come sopra detto, sono costituite dai premi versati dal de cuius).
Per completezza è bene precisare che il valore dell’attivo ereditario da considerare ai fini del calcolo della massa su cui verificare se c’è stata lesione è il valore venale in comune commercio dei beni (cioè il valore di mercato) e non il valore catastale. L’art 14 del Testo Unico dell’imposta sulle successioni stabilisce, infatti, che la base imponibile per i beni immobili compresi nell’attivo ereditario è determinata assumendo il valore in comune commercio, ossia il valore di mercato, alla data di apertura della successione. La circostanza che nella denuncia di successione è possibile indicare il valore catastale dei beni immobili è dovuta, infatti, esclusivamente al beneficio riconosciuto dal 5° comma dell’art. 34 del TUS che stabilisce che l’Ufficio non può procedere a rettifica di valore se è stato inserito nella denuncia di successione “almeno” il valore catastale degli immobili provvisti di rendita.
Trattasi, quindi, di un mero beneficio fiscale circa l’impedimento all’accertamento di valore da parte dell’Ufficio ma ai fini della determinazione della massa ereditaria e del calcolo della legittima e disponibile bisogna guardare i valori venali dei beni e non quello catastale.
Come si calcola la quota di legittima e la quota disponibile?
Alcune categorie di eredi (chiamati legittimari) hanno diritto ad una quota di legittima (detta anche di riserva) sul patrimonio ereditario che varia a seconda del numero e qualità dei soggetti chiamati alla successione.
Se questi soggetti ricevono per successione una quota inferiore a quanto stabilito dalla legge possono agire in riduzione contro la lesione ed ottenere l’integrazione della legittima lesa.
La prima cosa da fare per stabilire se ci sono i presupposti per agire in riduzione è calcolare la quota di legittima e di disponibile del de cuius e se le disposizioni da questo effettuate sono lesive o meno della legittima.
È bene premettere che la quota disponibile di cui il defunto può disporre a suo piacimento esiste anche in assenza di testamento; può accadere, infatti, che il de cuius abbia effettuato donazioni in vita: al momento dell’apertura della successione nel calcolo del patrimonio ereditario, come visto, andranno valutate anche le donazioni che ben potranno essere di valore superiore alla disponibile e quindi lesive della legittima.
Facciamo degli esempi:
Tizio, senza coniuge, e con due figli muore senza aver fatto testamento. Lascia un patrimonio relitto di euro 300 ed ha disposto in vita di donazioni a favore di un estraneo per ulteriori euro 300. In presenza di più figli (senza coniuge) la quota disponibile è 1/3 mentre la legittima è 2/3 in parti uguali tra i figli. Nell’esempio in esame il calcolo per sapere se la donazione di Tizio ha leso la legittima dei figli è il seguente: 300 relictum+300donazioni= 600 di cui 200 (ovvero 1/3) disponibile e 400 (ovvero 2/3) di legittima da dividersi in parti uguali tra i due figli (cioè 200 ciascuno). La donazione effettuata, essendo di 300, lede la legittima dei figli per euro 100 per cui i figli di Tizio potranno agire in riduzione contro i donatari per ottenere la differenza di 100.
Se, invece, le donazioni fossero state di valore di euro 150, la situazione sarebbe stata la seguente: 300 relictum+150donazioni=450 di cui 150 (ovvero 1/3) disponibile e 300 (ovvero 2/3) di legittima da dividersi in parti uguali tra i due figli (cioè 150 ciascuno). La donazione effettuata, essendo proprio di 150 e quindi pari alla disponibile non lede la legittima dei figli che non potranno agire in riduzione.
È evidente dagli esempi fatti che, anche in assenza di testamento ma in presenza di donazioni (che, ricordiamo, sono comunque degli anticipi di successione), si applicano le stesse norme sulla quota disponibile e quota di legittima che sussistono in caso di disposizioni testamentarie.
Naturalmente chi intende agire in riduzione dovrà preliminarmente imputare alla sua quota di legittima ciò che eventualmente ha ricevuto a sua volta in vita come donazione dal de cuius.

Qual è la quota di legittima e di disponibile in caso di legittimario che rinunzia all’eredità?
Si è a lungo discusso, in dottrina e giurisprudenza, su cosa accada nel caso in cui uno dei legittimari rinunzi all’eredità.
In particolare, bisogna distinguere tra la successione legittima e quella necessaria.
Nella successione legittima (ovvero in assenza di testamento) si fa riferimento alla materiale attribuzione del patrimonio ereditario relitto ai soggetti individuati dalla legge. La successione necessaria (che si ha tutte le volte in cui il de cuius ha effettuato delle disposizioni testamentarie o donazioni) riguarda, invece, l’individuazione della quota di legittima (e conseguentemente della quota disponibile) ai fini dell’esercizio dell’azione di riduzione.
Se uno degli eredi rinunzia all’eredità la sua quota, in assenza di disposizioni testamentarie, si espande agli altri chiamati in quanto la legge deve “distribuire” tutto il patrimonio relitto del de cuius ai soggetti da essa stabiliti (non essendoci una volontà espressa dal defunto in merito).
Pertanto, se Tizio senza coniuge e con due figli, Caio e Sempronio, muore senza testamento lasciando solo un immobile e Sempronio rinunzia all’eredità, l’immobile invece di essere attribuito a Caio e Sempronio in comproprietà al 50% ciascuno sarà assegnato al solo Caio.
Se questo è ciò che accade relativamente alla successione legittima, diversa è la situazione circa la successione necessaria ovvero circa la determinazione della quota di legittima e di disponibile per effetto della rinunzia di uno dei legittimari.
In merito la dottrina e la giurisprudenza (prevalenti fino al 2006) hanno sostenuto la tesi del ricalcolo. Secondo tale tesi poiché ai sensi dell’art. 521 c.c. il legittimario rinunziante è come se “non fosse mai stato chiamato” all’eredità egli non deve essere calcolato tra i legittimari successibili; pertanto, secondo la tesi del ricalcolo, occorrerebbe fare rifermento alla situazione concreta verificatasi in seguito alla rinunzia.
Esempio:
Tizio, senza coniuge, e con due figli, Caio e Sempronio, muore senza aver fatto testamento. Lascia un immobile del valore di euro 300 ed ha disposto in vita di donazioni a favore di Sempronio per ulteriori euro 400 (ad esempio sotto forma di premi versati per polizze vita). Sempronio rinunzia all’eredità. Se Caio vuole agire in riduzione contro la donazione fatta a Sempronio deve calcolare la quota di legittima prevista per l’ipotesi che sussiste in seguito alla rinunzia di Sempronio e cioè bisogna considerare la quota di legittima (e di disponibile) prevista per il caso di presenza di un solo figlio senza coniuge e quindi: asse totale =700 (300+400); legittima di Caio=350 (cioè metà dell’asse) e disponibile=350 (l’altra metà dell’asse); Caio risulterà leso dalla donazione in favore di Sempronio per euro 50 e potrà agire in riduzione.
Questo è ciò che accade secondo la tesi del ricalcolo.
Nel 2006 sono intervenute due sentenze a Sezioni Unite della Cassazione n. 13429 e 13524 che hanno ribaltato tale orientamento.
La Cassazione, pur riferendosi all’ipotesi della rinunzia all’azione di riduzione e non specificamente alla rinunzia all’eredità, ha comunque stabilito l’importante principio della “cristallizzazione della quota”. E cioè: la quota di legittima riservata dalla legge non può essere modificata dalla rinuncia di altri eredi; pertanto, ai fini della quota di riserva, si deve fare riferimento alla situazione esistente all’apertura della successione senza tenere conto di successive rinunzie. In sostanza, se un legittimario non vuole avvantaggiarsi della quota ad esso riservata (perché vi rinunzia) ciò non significa che gli altri legittimari possano vantare maggiori diritti; la rinunzia all’eredità dovrà piuttosto avvantaggiare le liberalità disposte dal de cuius per testamento o per donazione.
Esempio:
Tizio, senza coniuge, e con due figli, Caio e Sempronio, muore senza aver fatto testamento. Lascia un immobile del valore di euro 300 ed ha disposto in vita di donazioni a favore di Sempronio per ulteriori euro 300 (ad esempio sotto forma di premi versati per polizze vita). Sempronio rinunzia all’eredità. Se Caio vuole agire in riduzione contro la donazione fatta a Sempronio deve comunque tenere conto della quota di legittima prevista al momento dell’apertura della successione senza considerare la rinunzia di Sempronio. E quindi: asse totale=600; legittima di Caio=200 (cioè la stessa quota che avrebbe preso all’apertura della successione se Sempronio non avesse rinunziato e quindi la metà dei 2/3 ovvero 1/3); poiché a seguito della rinunzia Caio consegue la proprietà al 100% dell’immobile del valore di euro 300 la sua legittima è ampiamente coperta e non potrà agire nei confronti di Sempronio per la donazione effettuata in suo favore.
Atto di reintegrazione della legittima
Il legittimario leso può agire in riduzione per ottenere la reintegrazione della legittima. Egli, però, può anche ottenere lo stesso risultato in via extragiudiziale con la sottoscrizione di un accordo di reintegrazione di legittima.
Con tale atto, previsto esclusivamente dalla normativa fiscale, il legittimario leso ed il beneficiario della disposizione lesiva riconoscono l’esistenza della lesione senza necessità quindi di ricorrere al giudice.
La natura giuridica di tale atto è stata oggetto di discussione in dottrina e, secondo la tesi prevalente, si tratta di un negozio di natura dichiarativa che riproduce il medesimo risultato che il legittimario avrebbe conseguito se avesse esperito vittoriosamente l’azione di riduzione.
Pertanto, l’accordo di reintegrazione della legittima produce l’inefficacia relativa della disposizione lesiva ma non costituisce il titolo del trasferimento in reintegra a favore del legittimario leso.
La materiale reintegra della legittima, infatti, avviene ex lege non in virtù del negozio stipulato tra le parti ma iure successionis perché l’atto di reintegra ha semplicemente rimosso l’ostacolo alla delazione ereditaria.
Per tale ragione l’art. 43 del TUS stabilisce che gli accordi di reintegrazione della legittima sono soggetti non all’imposta di registro (come i negozi inter vivos) ma all’imposta di successione.
L’atto di reintegrazione della legittima “puro” è solo quello che si limita ad accertare la lesione; naturalmente è possibile che le parti si accordino per comporre la lite futura convenendo il trasferimento in favore del legittimario leso di beni o diritti da parte del beneficiario della disposizione “svincolato” dalla successione ereditaria, ma in tale caso si tratterà di una transazione e quindi di un atto inter vivos soggetto all’ordinaria imposta di registro. Ad esempio, il legittimario leso Caio rinuncia ad esercitare l’azione di riduzione e il donatario Sempronio gli trasferisce, a titolo transattivo, la proprietà di un immobile, che non deve necessariamente far parte dell’asse ereditario ma potrebbe anche essere un bene personale di Sempronio.
In conseguenza dell’atto di reintegrazione della legittima il legittimario leso otterrà sull’asse ereditario una porzione maggiore tale da coprire la sua legittima.
Se il beneficiario della disposizione lesiva è un coerede si applicheranno le norme sulla collazione ma, come noto, quest’ultimo istituto ha presupposti e funzioni diverse dall’azione di riduzione, quindi, potrebbe anche non applicarsi alla reintegra della legittima.
Le norme sulla collazione non si applicheranno, dunque, se il legittimario leso e il beneficiario della disposizione lesiva non sono coeredi (perché, ad esempio, il beneficiario che ha leso è un donatario terzo oppure è un legittimario ma che ha rinunziato all’eredità e quindi non è coerede). In questo caso si creerà una comunione tra il legittimario leso ed il beneficiario limitatamente al bene di cui alla disposizione lesiva sulla quale il legittimario leso ha diritto di “espandersi” per quanto occorre per reintegrare la sua legittima.
Esempio:
Tizio, senza coniuge, e con due figli, Caio e Sempronio, muore senza aver fatto testamento. Lascia un immobile del valore di euro 30 ed ha disposto in vita di donazioni a favore di Sempronio per ulteriori euro 120 (ad esempio sotto forma di premi versati per polizze vita). Sempronio rinunzia all’eredità. Per la tesi della Cassazione a Sez. Unite sulla cristallizzazione della quota sopra indicata, la quota di legittima di Caio è pari a 50 (cioè metà dei 2/3 dell’asse totale di 150); ha avuto 30 quindi è leso per 20. Caio e Sempronio sottoscrivono un accordo di reintegrazione della legittima in virtù del quale si riconosce la lesione per cui la donazione verso Sempronio è inefficace verso Caio nei limiti di quanto occorre per reintegrare la quota di quest’ultimo, e quindi per 20; conseguentemente Caio, oltre alla proprietà esclusiva dell’immobile già ricevuto di 30, conseguirà 20 sulla donazione di Sempronio ottenendo così 50 pari alla sua legittima.
Essendo, come sopra visto, l’atto di reintegrazione della legittima un negozio di accertamento e non traslativo e poiché l’espansione della quota del legittimario non trova la sua causa nel negozio inter vivos ma sempre nella successione (per cui si dovranno pagare le relative imposte), occorre presentare la denuncia di successione (o integrarla se già presentata) allegando la copia dell’atto di reintegra ed inserendo tra i beni e diritti devoluti anche quanto versato a titolo di reintegra.