Intercettazioni illegali del coniuge: come tutelarsi?

Intercettazioni illegali del marito e separazione dei coniugi.

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Il reato di cui all’art. 615 bis c.p.

Interferenze illecite nella vita privata: cosa sono?

Hai un marito particolarmente geloso, il quale, temendo un tuo eventuale tradimento, installa spesso dei sistemi di registrazione nella vostra abitazione quando ti trovi sola o nella tua automobile? Devi sapere che tali condotte integrano il reato di cui all’art. 615 bis c.p. (interferenze illecite nella vita privata).

Il suddetto articolo stabilisce che:

Chiunque mediante l’uso di strumenti di ripresa visiva o sonora, si procura indebitamente notizie o immagini attinenti alla vita privata svolgentesi nei luoghi indicati nell’articolo 614, è punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni. Alla stessa pena soggiace, salvo che il fatto costituisca più grave reato, chi rivela o diffonde, mediante qualsiasi mezzo di informazione al pubblico, le notizie o le immagini ottenute nei modi indicati nella prima parte di questo articolo. I delitti sono punibili a querela della persona offesa; tuttavia si procede d’ufficio e la pena è della reclusione da uno a cinque anni se il fatto è commesso da un pubblico ufficiale o da un incaricato di un pubblico servizio, con abuso dei poteri o con violazione dei doveri inerenti alla funzione o servizio, o da chi esercita anche abusivamente la professione di investigatore privato.

L’intento di tale norma è quello di tutelare la pace e la libertà domestica, come risultato della duplice facoltà di ammissione o di esclusione dalla propria sfera privata, allo scopo di tutelare lo spazio individuale della persona. Dunque, viene salvaguardato il rapporto persona-ambiente, vale a dire l’esplicarsi dell’individuo in una sfera spaziale che ne renda possibile la piena realizzazione.

L’art. 615 bis c.p. punisce essenzialmente gli atti di intromissione indebita nella sfera domenicale altrui, senza una introduzione fisica, bensì soltanto attraverso riprese visive o sonore.

Soggetto passivo del reato è qualunque persona titolare dello jus excludendi, in forza di qualunque legittimo titolo di godimento o situazione di fatto tutelati dall’ordinamento giuridico.

Il legislatore ha voluto introdurre la disposizione in questione al fine di far fronte alle sempre più presenti minacce alla riservatezza personale legate all’evoluzione delle tecnologie moderne.

Difatti, non è sempre lecito registrare la conversazione di una persona con altri. Innanzitutto occorre che il soggetto che effettua la registrazione sia presente alla conversazione. Inoltre, è necessario precisare che, in specifici luoghi o circostanze, ciò è esplicitamente vietato, in quanto registrare le conversazioni altrui lede la privacy. In altre parole, una registrazione è da considerarsi lecita solo nell’ipotesi in cui la persona registrata si trova al di fuori della sua casa di residenza o del domicilio, oppure ancora al di fuori dell’auto o del luogo di lavoro.

Ciò è confermato dalla giurisprudenza di legittimità, secondo la quale la registrazione di conversazioni fra compresenti, non costituisce un illecito, dal momento che l’individuo che conversa, accetta il rischio che la conversazione sia documentata attraverso registrazione. Soltanto se la conversazione viene diffusa, per ragioni diverse dalla tutela di un diritto, l’attività di diffusione della conversazione è in violazione della privacy (Cass., sent. n. 18908, 13/05/2011).

Parimenti, il marito che sospetta una relazione extraconiugale della moglie non può effettuare registrazioni di conversazioni che la stessa intrattiene nella casa coniugale, con lui e con altre persone, in quanto il diritto alla riservatezza non viene comunque meno nei confronti del soggetto che è sospettato d’infrangere, o ha senz’altro infranto, i doveri di fedeltà contratti con il matrimonio (Cass., sent. n. 39827/2006).

Contrariamente, il reato di interferenze illecite nella vita privata

non è configurabile per il solo fatto che si adoperino strumenti di osservazione e ripresa a distanza, nel caso in cui tali strumenti siano finalizzati esclusivamente alla captazione di quanto avvenga in spazi che, pur di pertinenza di una privata abitazione, siano, però, di fatto, non protetti dalla vista degli estranei (Cass. Pen., sent. n. 44156, 26 novembre 2008).

Il marito che intercetta la moglie può essere denunciato.

Intercettazioni illecite del marito: come agire?

Come già specificato, il delitto di cui all’art. 615 bis c.p. è punito a querela della persona offesa, dunque la moglie che venga illecitamente intercettata dal marito può sporgere querela contro quest’ultimo.

La querela può essere esposta presso un posto di polizia per iscritto o anche oralmente, oppure, esclusivamente per iscritto, presso il pubblico ministero.

Tale atto deve contenere:

  • la notizia di reato;
  • la volontà che si proceda penalmente in ordine al delitto;
  • la sottoscrizione del querelante.

Secondo quanto disposto dall’art. 124, comma 1, c.p., il diritto di querela va esercitato entro 3 mesi dal giorno in cui la persona offesa ha avuto notizia del fatto che costituisce reato.

Intercettazioni illegali del marito e separazione dei coniugi.
Intercettazioni illecite del marito e separazione dei coniugi.

Intercettazioni illecite del marito: quali sono gli effetti della separazione se i coniugi non hanno figli e la casa coniugale è cointestata al 50%?

Le intercettazioni illecite del coniuge che sospetti di un tradimento da parte dell’altro possono costituire una delle tante cause di separazione fra coniugi.

Un caso particolare si verifica quando i coniugi non hanno figli e la casa coniugale è cointestata ad entrambi nella misura del 50%.

In questa ipotesi, sebbene l’art. 1102 c.c., disciplinando l’uso della cosa comune, stabilisca che entrambi i comproprietari hanno pari diritto di utilizzare il bene cointestato, si rende necessario sciogliere la comproprietà sulla casa coniugale.

Difatti, il coniuge economicamente più debole, potrà vantare la corresponsione di un assegno di mantenimento, piuttosto che ottenere il diritto di abitare in via esclusiva nella casa familiare.

A tal fine, si possono intraprendere alternativamente tre strade:

  • in sede di separazione, mediante un accordo fra le parti ratificato dal Tribunale, uno dei coniugi può divenire unico proprietario dell’immobile;
  • i due coniugi possono incardinare una apposita causa di divisione mobiliare (tuttavia, prima di rivolgersi al Tribunale, i coniugi devono promuovere la mediazione ai fini della conciliazione);

La situazione prende una piega diversa se i coniugi hanno figli minori o maggiorenni non economicamente autosufficienti, nel qual caso la casa coniugale spetta al genitore con il quale la prole va a vivere; ciò al fine di preservare la continuità delle abitudini domestiche dei figli, limitando in tal modo il disagio derivante dalla separazione dei genitori.

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