Si può togliere il crocifisso a scuola

Si può togliere il crocifisso a scuola?

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Molti ne parlano ma nessuno sa davvero se si può togliere il crocifisso a scuola.

La questione del crocifisso esposto nelle aule delle scuole di tutta Italia continua a venir fuori, a volte sull’onda di qualche interrogazione parlamentare, a volte in seguito a un procedimento penale. E sul problema posto da alcuni, ancora oggi non c’è una risposta chiara ed esaustiva.

Legge o consuetudine?

Crocifisso a scuola: c'è una legge che lo impone?

Messa così, la risposta sarebbe No. Già, perché in realtà non c’è alcun intervento legislativo a supporto di questa tradizione che, però, è stata ribadita e difesa in più momenti e in diverse sedi.

Apparirà curioso, ma il crocifisso nelle aule appare in conseguenza di un Regio Decreto del 1924, che recitava testualmente “Ogni istituto ha la bandiera nazionale; ogni aula, l’immagine del crocifisso e il ritratto del Re”. Praticamente una dichiarazione di intenti e non un obbligo imposto.

Ora, ancora più curioso apparirà il fatto che quel Regio Decreto è ancora in vigore, ma tant’è. Ovviamente non c’è più il ritratto del Re, che nel 1967 è stato sostituito con una più attuale fotografia del Presidente della Repubblica.

Ma vediamo nel dettaglio tutti i pareri che si sono susseguiti su questa annosa vicenda.

Il parere degli esperti.

Cosa ne pensa il Consiglio di Stato?

Il Consiglio di Stato interviene sulla vicenda per ben due volte. La prima nel 1988, quando ribadisce la piena legittimità della presenza del crocifisso nelle aule, sostenendo che al di là del preciso significato che ha per i cattolici, il crocifisso è il simbolo della civiltà e della cultura cristiana, alla quale il nostro paese inconfutabilmente guarda.

E già che è nel merito, aggiunge pure che nonostante la nostra repubblica garantisca pari dignità a tutte le religioni, non si è mai sentito il bisogno di legiferare per impedire di apporre il crocifisso nelle aule, perché la presenza di quest’ultimo non mina in alcun modo la libertà di culto.

Nel 2006, a seguito di un ricorso presentato dall’Unione degli Atei e degli Agnostici Razionalistici, il Consiglio di Stato ribadisce quanto espresso nel 1988: ossia che il crocifisso va valutato come simbolo di quei valori civili ai quali il contesto culturale italiano fa riferimento.

La parola agli ermellini.

Il parere della Cassazione.

Nel 2002 si succedono due fatti: uno è la triplice interrogazione parlamentare, a cui il Senato risponde ribadendo che la presenza del crocifisso non viola in alcun modo la libertà religiosa dei non credenti, l’altro è quello del Miur, che ribadisce il dovere dei presidi di dotare tutte le aule di un crocifisso.

Interpellata due anni dopo dal Tar del Veneto, la Cassazione non entra nel merito della questione, perché sottolinea come in realtà non esista una vera e propria legge che imponga il crocifisso, ma vi siano solo delle semplici disposizioni amministrative, sulle quali, pertanto, la Corte non può pronunciarsi. E ribadisce questo convincimento anche in un suo successivo pronunciamento, in merito alla vicenda di un professore finito in tribunale, perché durante le sue ore di lezione rimuoveva il crocifisso dalla parete, per rimetterlo al suo posto solo prima di uscire dall’aula.

Il pronunciamento non risolve, però la questione. Pur ribadendo che il diritto dell’insegnante, quand’anche in minoranza rispetto al numero degli alunni, deve essere tutelato, ribadisce però che  non esiste alcun obbligo di esporre il crocifisso nelle aule, che vi torna ogni anno solo in forza di una disposizione del Miur.

Come debba essere regolata la questione quando c’è un contrasto fra la posizione degli studenti e quella dell’insegnante, però, rimane un mistero. Dovremo attendere un altro pronunciamento, speriamo definitivo.

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