Denunciare lavoro in nero.

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Lavoro nero: cos'è e le sue tipologie.

Da qualche tempo hai iniziato un nuovo lavoro e la società datrice, nonostante le tue continue insistenze, non intende regolarizzare il rapporto lavorativo mediante apposito contratto? E ti stai domandando come fare per denunciare il lavoro nero? In questo articolo ti verranno fornite nei dettagli tutte le informazioni necessarie per procedere con la denuncia.

Purtroppo oggi lavorare in nero costituisce una grossa piaga sociale cui va incontro un gran numero di lavoratori.
Il lavoro nero, detto anche lavoro in nero o lavoro irregolare, è quel rapporto di lavoro in cui un datore di lavoro, sia esso una persona fisica o giuridica, si avvale di prestazioni professionali o lavorative di un lavoratore senza riconoscere a quest’ultimo alcuna copertura previdenziale, di garanzia, nonché di tutela previste dalla legge, e senza pagare le imposte previste dalla legge, in virtù di un contratto di lavoro ufficiale assente oppure non registrato e, quindi, giuridicamente nullo e irregolare per le vigenti norme del diritto del lavoro.

Il fenomeno ancora oggi non presenta una definizione giuridica univoca nei vari ordinamenti giuridici statali.

Esistono due tipologie di lavoro a nero:

  • Lavoro nero subìto, che si ha quando il lavoratore è costretto a essere pagato senza regolarizzazione contrattuale o fiscale (cioè pensionistica e assicurativa) in cambio di un lavoro. Tale situazione è tipica di tutti coloro che vorrebbero lavorare come dipendenti o para-subordinati nei confronti di un’impresa, la quale, però, non vuole assumerli;
  • Lavoro nero preteso dal soggetto stesso, il quale ha un interesse a essere pagato in nero totalmente o anche parzialmente.
    Ciò accade nel mondo del lavoro autonomo, soprattutto da parte di coloro i quali lavorano per persone fisiche, dal momento che le aziende non hanno alcun vantaggio a pagare in nero i lavoratori autonomi o comunque è assai complesso effettuarlo nella pratica.
    Il mondo dei disoccupati o degli inoccupati (studenti, casalinghe, pensionati, ecc.) è una cerchia di soggetti che solitamente vuole essere pagata in nero, soprattutto quando la prestazione è saltuaria. Oppure è il classico caso del cosiddetto “doppio lavoro”, cioè quello svolto da lavoratori dipendenti (pubblici e privati) fuori dal normale orario lavorativo.

Il lavoro nero può presentare orari di lavoro non conformi alla normativa, l’esercizio di attività che eludono il diritto fiscale, il diritto delle assicurazioni sociali, il diritto della concorrenza e il diritto in materia di stranieri.
Generalmente, da un punto di vista più sociologico, vengono considerate lavori in nero quelle attività a scopo di lucro di tipo sia dipendente che indipendente realizzato in violazione della legge.

Come denunciare lavoro nero?
Sanzione amministrativa da 1.500€ a 12.000€.

Lavorare a nero: la disciplina normativa in Italia.

Un primo tentativo di definizione è intervenuto con il decreto legge 22 febbraio 2002 n. 12 convertito in legge 23 aprile 2002 n. 73 (Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 22 febbraio 2002, n. 12, recante disposizioni urgenti per il completamento delle operazioni di emersione di attività detenute all’estero e di lavoro irregolare), che all’art. 3 commi 3, 4 e 5 così disponeva:

Ferma restando l’applicazione delle sanzioni previste, l’impiego di lavoratori dipendenti non risultanti dalle scritture o altra documentazione obbligatorie, è altresì punito con sanzione amministrativa dal 200 al 400 per cento dell’importo, per ciascun lavoratore irregolare, del costo del lavoro calcolato sulla base dei vigenti contratti collettivi nazionali, per il periodo compreso tra l’inizio dell’anno e la data di constatazione della violazione.

Alla constatazione della violazione procedono gli organi preposti ai controlli in materia fiscale, contributiva e del lavoro.

Alla irrogazione della sanzione amministrativa di cui al comma 3 provvede la Direzione provinciale del lavoro territorialmente competente. Nei confronti della sanzione non è ammessa la procedura di diffida di cui all’articolo 13 del decreto legislativo 23 aprile 2004, n. 124.

La legge 28 luglio 2006, n. 248, (il cosiddetto decreto Bersani del 2007) con l’art. 36-bis, comma 1, ha apportato modifiche all’articolo in parola, sanzionando l’illecito con la sanzione amministrativa pecuniaria da € 1.500 a € 12.000, eliminando la presunzione iniziale per il periodo di sanzione della violazione, caduto sotto le censure della Corte costituzionale e spostando la competenza dell’irrogazione della sanzione dall’Agenzia delle entrate alla Direzione provinciale del lavoro, a cura degli Ispettori del lavoro, e sottoponendolo alla legge 24 novembre 1981 n. 689 (Legge di depenalizzazione) anziché al d.lgs. n. 472/1997, recante l’ordinamento generale delle sanzioni amministrative tributarie.

Secondo quanto stabilito dalla Suprema Corte di Cassazione (sentenza n. 9599/2013 del 19 aprile 2013), la prestazione di lavoro subordinata sottesa all’attività svolta dal prestatore può comunque essere regolarizzata e portare all’instaurazione di un rapporto di lavoro valido e riconosciuto ai sensi di legge. È necessario, però, per far valere questo diritto, addurre testimonianza degli altri dipendenti e produrre documentazione aziendale firmata dall’interessato dalla quale risulti che il lavoratore, nello svolgere il proprio lavoro, abbia osservato gli orari di lavoro e le tutte le direttive impartite, al pari degli altri dipendenti assunti in modo regolare.

La vertenza sindacale.

Cosa posso ottenere se decido di denunciare il lavoro a nero?

Con la vertenza lavoro nero il dipendente può:

  • far accertare il proprio rapporto lavorativo;
  • chiedere i contributi di previdenza e le differenze di busta paga.

L’azione può essere avviata anche dopo la fine del rapporto lavorativo.
I casi più frequenti di vertenza sindacale per lavoro nero sono:

  • il TFR non riconosciuto;
  • le retribuzioni non versate;
  • gli straordinari non riconosciuti;
  • il licenziamento senza preavviso;
  • le ferie mancate;
  • la malattia non riconosciuta.

Chi fa lavorare una persona in nero non commette reato, ma un semplice illecito amministrativo, a meno che non si tratti di un immigrato irregolare. Rischia, quindi, non il carcere, ma delle sanzioni (lavoro nero sanzioni penali), a volte molto salate. Al contrario, il lavoratore in nero non rischia, salvo i casi in cui approfitta di questa situazione per beneficiare di aiuti da parte dello Stato.

Tutte le indicazioni per agire.

Ho lavorato in nero, voglio denunciare.

Quello che mole persone ignorano è che avviare la denuncia per lavoro nero è una procedura piuttosto semplice. Vi sono vari modi per denunciare un lavoro in nero.
La prima modalità è quella di inviare una segnalazione alla Guardia di Finanza (denuncia lavoro nero Guardia di Finanza), compilando il modulo disponibile sul relativo sito (denunciare lavoro nero online).

La denuncia per lavoro in nero non può essere anonima, tuttavia giurisprudenza e Ministero del lavoro ritengono che tanto il nome del denunciante quanto le dichiarazioni dei lavoratori acquisite dalle autorità durante l’ispezione debbano rimanere segrete.

Un altro modo per denunciare un lavoro in nero consiste nel rivolgersi alla Direzione del lavoro, ufficio dell’Ispettorato del lavoro più vicino al luogo in cui ha sede l’azienda dove sei impiegato.
La denuncia può essere inviata attraverso posta elettronica certificata oppure con raccomandata a.r. dell’avvocato.

In alternativa il lavoratore può presentarsi presso gli uffici e sporgere la denuncia di lavoro in nero allegando un documento di identità. Successivamente, l’Ispettorato prepone nomina un ispettore che accoglie tali denunce e ne lascia copia al diretto interessato.

A questo punto, si possono verificare due ipotesi:

  • Nel caso in cui la questione oggetto di denuncia comprende questioni di carattere retributivo, viene fissato un accordo di conciliazione. Durante questo incontro, l’Ispettore del lavoro tenterà un accordo e obbligherà l’azienda alla regolarizzazione, oltre al pagamento di tutti gli arretrati al dipendente. All’azienda viene poi dato un termine entro cui adempiere e la riunione viene rinviata a qualche giorno dopo. Se entro questo lasso di tempo non è intervenuta la regolarizzazione e il pagamento di tutti i contributi, interviene l’accesso vero e proprio e l’ispezione, con tutte le sanzioni che ciò comporta.
  • Se invece oggetto della denuncia è solo la presenza di lavoro in nero oppure comportamenti del datore con rilievo penale, alla denuncia segue direttamente il controllo in azienda attraverso gli ispettori del lavoro.

In ogni caso, se si desidera avviare una vertenza di lavoro è sempre consigliabile rivolgersi, innanzitutto, all’avvocato e, soltanto nel caso in cui la diffida inviata da questi non sortisca effetti, potrà rivolgersi all’Ispettore del lavoro.

Infine, occorre ricordare che la prescrizione lavoro nero è di cinque anni. Tale lasso. di tempo decorre dalla cessazione della condotta antigiuridica del datore di lavoro mantenuta per tutto il tempo del rapporto di lavoro in nero.

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