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È lecita la collaborazione del coniuge sul lavoro?
Tuo marito è titolare di un negozio e, dal momento che, talvolta, per sbrigare delle faccende, è costretto ad affidarti la sua attività per qualche ora, ti stai chiedendo se il tuo aiuto è lecito o costituisce lavoro in nero?
Devi sapere che, in questo e in casi simili, il contributo lavorativo è ammissibile, anche se prestato al di fuori di un rapporto di lavoro subordinato e non vi è il rischio di incorrere in sanzioni, in quanto non si tratta di lavoro a nero.
Secondo la giurisprudenza di legittimità, la collaborazione lavorativa in questione avviene “affectionis vel benevolentiae causa”.
In altre parole, la prestazione spontanea ed occasionale del marito o della moglie, che collabora con il coniuge sul lavoro, trova il suo fondamento nel principio di solidarietà e nel rapporto affettivo familiare; pertanto, la prestazione si presume a titolo gratuito fino a prova contraria (Cass., sent. n. 20904/2020), e la presunzione è superabile qualora intervenga una prova rigorosa di quelli che sono gli elementi propri della subordinazione.
Per “collaborazione occasionale” si intende l’attività in cui i compiti che vengono espletati mancano di sistematicità e di stabilità.
Affinché sia considerata “occasionale”, la prestazione gratuita del coniuge deve essere di massimo 90 giorni (corrispondenti a 720 ore) nel corso dell’anno solare. Contrariamente, si rientrerebbe nell’ambito dell’ impresa familiare.
Qualora gli ispettori effettuino dei controlli, si può dichiarare che la persona che in quell’istante sta sostituendo il titolare dell’attività e che risulta non iscritta nel libro paga dell’azienda, è la propria moglie o il proprio marito.
Il coniuge-imprenditore non è obbligato a versare all’altro alcuna retribuzione, né tantomeno i contributi ai fini pensionistici.
Gli obblighi assicurativi INAIL sussistono anche nel caso in cui la prestazione sia occasionale e a titolo gratuito, a patto che la stessa superi complessivamente le dieci giornate lavorative durante l’anno.
È possibile fare ricorso alla collaborazione gratuita ed occasionale del coniuge soltanto per l’impresa agricola, artigiana e commerciale.
Inoltre, la prestazione in questione è riservata al solo coniuge, ai familiari entro il terzo grado, agli affini entro il secondo grado ed ai figli; rimangono, invece, esclusi i conviventi e i fidanzati.

L’aiuto al coniuge dipendente di un’altra azienda.
Diversa e più grave è la situazione se il coniuge al quale si presta aiuto sia dipendente di un altro datore di lavoro, al quale viene nascosta la collaborazione da parte dell’altro coniuge.
Questo tipo di prestazione non è ammissibile, in quanto costituisce una circostanza di lavoro in nero.
Il datore di lavoro, nel momento in cui viene a conoscenza di ciò, può inviare al suo dipendente una lettera di ammonimento, con la quale lo invita a desistere dal tenere in futuro simili condotte e ad esercitare, non con l’aiuto di altri, ma personalmente, la mansione lavorativa che gli è stata affidata in virtù del rapporto di lavoro subordinato.
Inoltre, in tali casi, trattandosi di prestazioni non lecite, sono previste delle sanzioni per il lavoro in nero.