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Le spese che comporta il soggiorno di un anziano o disabile in una Residenza Sanitaria Assistenziale.
In Italia gli anziani non autosufficienti e le persone disabili, che hanno bisogno di cura e di assistenza continue, hanno diritto ad essere presi in carico da parte delle istituzioni pubbliche, sia dal punto di vista sanitario che da quello socio-assistenziale.
In primo luogo, occorre fare la segnalazione ai servizi sociali del Comune di residenza del malato, che deve aprire un procedimento per dare una risposta alla richiesta del cittadino. La segnalazione può essere fatta direttamente dall’interessato o dai sanitari in caso di ricovero. Inoltre, il richiedente dovrà presentare al Comune il proprio ISEE per determinare la propria condizione economica.
Successivamente, una specifica commissione, oltre al grado di non autosufficienza dell’interessato, sarà tenuta a valutare le necessità terapeutiche e la rete familiare dello stesso, e dovrà fornire un “Piano di Assistenza”, che può prevedere il ricovero in una struttura residenziale o l’assistenza a domicilio dell’anziano o malato.
La retta per il soggiorno in una RSA (Residenza Sanitaria Assistenziale) è comprensiva non soltanto delle spese sanitarie assolte dal Servizio Sanitario Nazionale attraverso le Asl di appartenenza (vale a dire la cosiddetta quota sanitaria, che corrisponde al 50% dell’intero), ma anche delle spese assistenziali e di quelle relative ai servizi quotidiani (ad esempio, vitto, alloggio, servizio di lavanderia e pulizia dei locali), nota come quota sociale o alberghiera (corrispondente al rimanente 50%), la quale è a carico del beneficiario della prestazione con la compartecipazione del Comune.
Quanto alla quota sociale, la determinazione della parte che deve versare il Comune e di quella spettante all’assistito dipende dall’indicatore ISEE della persona ricoverata, e più precisamente dall’ISEE socio-sanitario, che sarebbe l’ISEE appositamente individuato dal decreto ISEE per coloro che richiedono questa tipologia di prestazione.
Purtroppo però, il reddito dell’anziano non è sempre sufficiente per sostenere le spese di ricovero in queste apposite strutture.
A questo punto ci si chiede se obbligati a pagare la retta relativa al soggiorno dell’anziano sono i parenti di quest’ultimo o se tale onere spetta a qualcun altro.
In questo articolo verrà affrontata e chiarita la questione nei dettagli.

Se l’anziano non è economicamente autosufficiente, i parenti sono obbligati a pagare la retta?
Generalmente, al momento del ricovero dell’anziano o del malato in RSA, i parenti vengono chiamati in causa per assicurare il versamento della quota spettante all’assistito qualora il reddito di quest’ultimo non fosse sufficiente a coprire le spese in questione.
Tuttavia, vi sono dei casi in cui i familiari dell’assistito non sono tenuti a ciò.
Ad esempio, se l’assistito ha più di 65 anni, non è autosufficiente ed è affetto da una grave disabilità, si fa riferimento unicamente all’ISEE del ricoverato e, dunque, i familiari (figli, nipoti o fratelli) non vengono coinvolti nel pagamento della retta.
Questo vuol dire che nell’ipotesi in cui l’assistito non sia economicamente in grado di versare la sua quota, il Comune di riferimento non può pretendere il pagamento in questione dai parenti della persona ricoverata; piuttosto è proprio l’ente pubblico a dover farsene carico.
Ciò lo si evince dal consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, secondo cui, di fronte alla mancanza di reddito o ad una disabilità grave dell’assistito, i parenti di quest’ultimo possono inviare una disdetta e non versare la quota spettante al proprio congiunto (Cass., sent. n. 26863/2008).
Se, invece, l’assistito, oltre ad essere non autosufficiente, è anche invalido al 100%, niente può essere preteso da lui, né tantomeno dai suoi familiari, e, qualora sia stata pagata qualche somma, si può richiedere la restituzione della stessa al Comune (Trib. Verona, sent. n. 2384/2013).
Sono, infatti, nulli i contratti siglati tra i familiari del ricoverato e le RSA in virtù dei quali i congiunti si impegnano a corrispondere una parte della retta come garanti dell’anziano.
Secondo il Tribunale veneto,
Il diritto al ricovero e all’assistenza di un soggetto ultrasessantacinquenne e invalido al 100% non può esser regolamentato da convezioni private che, in qualche modo e secondo vari mezzi giuridici (espromissione, fideiussione, ecc.), ostacolino di fatto il ricorso del cittadino alla fruizione dell’assistenza sanitaria, quale mezzo concreto di garanzia e attuazione del diritto costituzionalmente riconosciuto alla salute. Il contratto – conclude la sentenza – deve ritenersi nullo per contrarietà a norme imperative.