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Separazione consensuale e separazione giudiziale.
Oggi è molto frequente che una coppia decida di lasciarsi e sono tante le cause di separazione e divorzio.
La separazione tra coniugi è una situazione temporanea incidente sui diritti e i doveri che sorgono con il matrimonio. Con essa, infatti, marito e moglie non pongono fine al rapporto matrimoniale, bensì ne sospendono soltanto gli effetti in attesa di una loro riconciliazione o di una sentenza di divorzio. Difatti, seppur separati, gli stessi mantengono la qualità di coniugi, ma vengono meno i doveri di coabitazione e di fedeltà che discendono dal matrimonio. Altresì, rimane a carico di ciascun coniuge l’obbligo di mantenere, educare e istruire la prole, nonché l’obbligo di assistenza materiale nei confronti del coniuge economicamente più debole.
La separazione legale dei coniugi si distingue in consensuale e giudiziale.
Quanto alla prima, la separazione consensuale interviene qualora i coniugi decidano di sciogliere il loro rapporto matrimoniale accordandosi sulle condizioni della separazione.
Con l’introduzione del D.L. 132/2014 convertito nella L. 162/2014, nel caso in cui vi sia accordo fra i coniugi, questi ultimi possono optare per la negoziazione assistita, recandosi presso lo studio dell’avvocato per firmare l’accordo raggiunto.
L’avvocato eseguirà la fase del controllo da parte della procura e l’annotazione da parte dell’ufficiale di stato civile.
In alternativa, ci si può sempre rivolgere al Tribunale: in questa ipotesi, occorre che l’accordo sia omologato da un giudice che controlli, validi e dichiari efficace l’accordo dei coniugi, dopo aver tentato la loro conciliazione.
La separazione giudiziale si ha, invece, quando fra i coniugi non vi è un accordo comune e, dunque, non si può giungere ad una separazione consensuale. Se, infatti, la prosecuzione della convivenza diviene intollerabile o comunque tale da arrecare pregiudizi alla prole, la legge sulla separazione insegna che uno dei due coniugi può promuovere un procedimento, il quale si conclude con una sentenza del giudice.
In questo articolo verranno illustrati quelli che sono gli effetti patrimoniali della separazione dei coniugi.
Lo scioglimento della comunione dei beni in caso di separazione dei coniugi.
Il primo effetto patrimoniale della separazione tra coniugi è sicuramente lo scioglimento del regime di comunione dei beni.
Ciò si verifica qualora il presidente del Tribunale autorizzi la separazione oppure all’atto della sottoscrizione del processo verbale di separazione consensuale omologato. Fino a quel momento gli acquisti fatti dai coniugi si considerano in comunione dei beni.
Tale effetto patrimoniale della separazione comporta le seguenti situazioni:
- al posto della comunione legale subentra quella ordinaria;
- si verifica il passaggio al patrimonio comune dei beni de residuo;
- si ha il regime patrimoniale della separazione;
- interviene la divisione del patrimonio comune.
Secondo l’art. 192 del c.c., prima di effettuare la divisione del patrimonio comune, occorre procedere ai rimborsi e alle restituzioni di un coniuge verso l’altro.
Nel caso in cui uno dei due coniugi abbia prelevato dal conto in comunione una cifra che non era volta a soddisfare un obbligo familiare, questi è obbligato a reinserirla nella cassa comune.
Ciò vale anche per chi abbia deciso di spendere una somma di sua iniziativa a meno che si tratti di un atto di straordinaria amministrazione e sia dimostrato il vantaggio per la comunione, oppure abbia soddisfatto un bisogno della famiglia.
Inoltre, ciascuno dei coniugi può chiedere la restituzione delle somme prelevate dal patrimonio personale e dirette al patrimonio comune.
Conto cointestato e separazione tra coniugi.
Il conto corrente cointestato è da ritenersi di proprietà di entrambi i coniugi per pari quote, vale a dire al 50% a testa, salvo patto contrario. Qualora uno di essi prelevi dal conto più della propria metà, l’altro coniuge può costringerlo alla restituzione del denaro eccedente la rispettiva quota.
Se i coniugi si separano, il conto corrente cointestato deve essere diviso in parti uguali, indipendentemente dal fatto che la coppia fosse in regime di comunione o separazione dei beni. Questo in quanto è proprio la stessa cointestazione che fa sorgere la comunione sul denaro depositato in banca.

Casa intestata ad un solo coniuge, cosa accade in caso di separazione?
Se i coniugi sono in comunione di beni e gli stessi decidono di separarsi, qualora l’immobile sia intestato ad uno solo di essi, esso resta di proprietà del relativo titolare, il quale non deve nulla all’ex coniuge, fatta eccezione per eventuali spese di ristrutturazione da questi sostenute durante il matrimonio.
Dunque, quando il matrimonio finisce, il coniuge non proprietario della casa è tenuto ad abbandonare l’immobile per sempre.
Tuttavia, se vi sono figli e questi sono minori, portatori di handicap o maggiorenni ma non economicamente autonomi, il giudice assegna il diritto di abitazione nella casa coniugale al genitore presso il quale i figli vanno a stare, sebbene non sia il proprietario dell’immobile.
Se i coniugi sono, invece, in regime di separazione dei beni, la casa intestata a uno solo di essi rimane di proprietà di quest’ultimo; in caso di separazione, l’immobile in questione non viene diviso e l’altro coniuge non può rivendicare alcun diritto.
Separazione dei coniugi e cause di addebito.
L’addebito della separazione si ha quando il giudice accerta che uno dei coniugi ha violato uno o più doveri coniugali, determinando una situazione d’impossibilità a continuare la vita in comune.
L’addebito non può essere chiesto in un accordo di separazione consensuale o nell’ambito della separazione attraverso negoziazione assistita.
Le più comuni cause di addebito sono:
- infedeltà;
- mancanza di rapporti affettivi e di intesa sessuale;
- maltrattamenti, violenza fisica e psichica.
Secondo la giurisprudenza di legittimità, anche il marito che beve e si rifiuta di farsi curare può giustificare l’addebito della separazione.
Più nello specifico, la Suprema Corte di Cassazione, con la sentenza n. 26883 del 22 dicembre 2016, ha stabilito che il privilegiare la propria dipendenza dall’alcolismo rispetto alla propria relazione coniugale rappresenta una violazione dei doveri che scaturiscono dal matrimonio.
Difatti, la dipendenza dall’alcol causa uno stress psicologico nei conviventi strettamente connesso con il suo aggravamento e con le conseguenze fisiche e mentali che la stessa cagiona, oltre che con il grave deterioramento delle relazioni personali che ne deriva.