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Crypto e tasse, a che punto siamo?
Nell’ultimo anno avrete sicuramente sentito parlare dell’immensa crescita di Bitcoin (in termini percentuali un +726%) che ha portato la moneta a raggiungere un massimo storico di 63.558 USD.
Questo è stato registrato in data 13 Aprile 2021 ma nei giorni seguenti, seppur leggermente, Bitcoin ha riportato ricadute di prezzo fino a 53.024 dollari nelle prime ore del 18 Aprile.
Gli esperti, in quanto a previsioni per il futuro della più importante cryptovaluta al mondo, si dividono: in tanti sostengono continuerà la sua crescita fino a raggiungere picchi da $300/400.000 per Bitcoin, altri vedono vicino il capolinea e la fine di una corsa che ritengono una bolla speculativa.
Verosimilmente, il valore del Bitcoin continuerà a salire o comunque, almeno nel breve termine, non avverrà un nuovo crash (questa è una delle più grandi paure in materia, anche a fronte della grande volatilità che ha portato la moneta ha registrare 3 forti cadute nel corso della sua breve vita).
Questo discorso è valido, logicamente con le dovute proporzioni, anche per molte altre cryptovalute.
Il rischio che avvenga un nuovo crack pare più limitato rispetto al passato per il fatto che il concetto di crypto ha attirato l’attenzione del dibattito pubblico e le banche centrali sembrano intenzionate a sondare la dimensione elettronica della moneta.
Inoltre, cominciano a farsi più definiti anche i tratti della regolamentazione in materia con la Commissione Europea che a Ottobre 2020 propone un nuovo regime di autorizzazione e informazione per gli emittenti di cryptovalute, con lo scopo di armonizzare a livello UE le leggi in materia. Questo avrebbe certamente delle profonde conseguenze per il mercato, imponendo controlli più ferrati agli Stati e più trasparenza agli emittenti.
Come vengono tassate in Italia le cryptovalute?
In Italia, per molto tempo, il vuoto legislativo in riferimento alla tassazione delle cryptovalute ha generato molti dubbi anche tra i professionisti. Commercialisti e consulenti fiscali hanno atteso a lungo chiarimenti da parte dell’Agenzia delle Entrate fino a quando, con la Risoluzione n. 72/E del 02.09.2016, si è ufficialmente espressa.
Nel quadro di questo documento le cryptovalute vengono equiparate alle valute estere (nonostante la Direttiva UE 843/2018 definisca le valute virtuali come rappresentazioni digitali di valore che “non hanno lo status giuridico di valuta o moneta”).
In ottica di monitoraggio tributario le istruzioni dell’Agenzia delle Entrate prevedono che la proprietà di Bitcoin o altre cryptovalute vada indicata nel quadro RW (che al codice 14 vede la voce “altre attività estere di natura finanziaria e valute virtuali”), per la dichiarazione di attività finanziarie estere suscettibili di produrre redditi imponibili in Italia (art. 4 DL 167/90).
Inoltre, a scanso di equivoci, viene specificato che la cessione a pronti di crypto contro valuta nazionale non rappresenta un reddito imponibile, in quanto non sussiste alcuna finalità speculativa. Diverso è il caso di una vendita che derivi da prelievi in wallet con giacenza media, nel corso degli ultimi 7 giorni lavorativi, di €51.645,99 (art. 67, comma 1-ter, del t.u.i.r).

Crypto taxes free, quali sono i paesi che lo permettono?
Nonostante il Bitcoin sia oggi regolarizzato e ritenuto legalmente valido nella maggioranza dei paesi mondiali, ancora non è stata trovata una linea fiscale condivisa che permetta di rendere più chiari i limiti e i vantaggi di investire a lungo termine in cryptovalute. Infatti alcuni stati non prevedono alcuna imposizione per i redditi derivanti dalle monete elettroniche, attraendo investitori e società emittenti cryptovalute. Vediamo quindi nel dettaglio quali sono i cosiddetti crypto-tax havens.
- Bielorussia.
Un decreto del 2017 firmato dal Presidente Alexander Lukashenko stabilisce che gli scambi avvenuti mediante cryptovaluta siano esenti da imposizioni fiscali fino al 2023.
- Seychelles.
Particolarmente interessante il discorso in merito a questa nazione poiché l’esenzione si applica solo alle società offshore e ai cittadini stranieri residenti nel paese. I redditi da cryptovaluta, dunque, non vengono in alcun modo tassati per coloro che posseggono passaporto estero ma, per i nativi del luogo, sono considerati normali entrate imponibili.
- Malta.
Forse grazie al soprannome “the blockchain island”, Malta ha attirato numerose società emittenti a porre le basi sul proprio territorio. Anche in questo caso il sistema fiscale si rivela favorevole in particolar modo per le società e i residenti stranieri. Infatti i redditi e le plusvalenze derivanti da Bitcoin e similari non sono tassabili se, sorti al di fuori dei confini maltesi, non vengono rimessi al sistema bancario. Una scappatoia dalle più stringenti norme in ambito UE.
- Germania.
Saranno in molti a esserne sorpresi ma la Germania rappresenta un “paradiso fiscale” in quanto a cryptovalute. Detenere Bitcoin o altre monete elettroniche per un lasso temporale maggiore di un anno esenta gli investitori dal pagamento di imposte. Inoltre, in riferimento a operazioni a breve termine (nell’arco di 12 mesi), il sistema fiscale prevede l’azzeramento delle tasse per coloro che effettuano scambi o plusvalenze per valori minori a €600. Per entità maggiori le entrate dovranno invece essere segnalate come reddito.
- Hong Kong.
Con un inquadramento delle imposte sulle crypto simile a quello maltese, Hong Kong è divenuto negli anni un hub finanziario di cruciale importanza a livello globale. Grazie alla semplicità normativa e fiscale il paese ha quindi attirato numerose società ed investitori da tutto il mondo.
- Portogallo, un caso particolare.
Quello che caratterizza il sistema portoghese, e che in un certo senso distingue il caso in questione dai precedenti, è il cosiddetto NHR.
Quest’ultimo rappresenta il regime fiscale di residenza non abituale, il quale garantisce forti agevolazioni ai nuovi residenti per 10 anni. Sostanzialmente l’NHR costituisce un’esenzione da una grande maggioranza delle imposte gravanti normalmente sui cittadini.
All’interno di quest’esenzione rientrano anche i redditi e i capital gain da Bitcoin (e similari) ma per aderire a questo particolare sistema occorre rispettare alcuni requisiti:
- Trascorrere almeno 183 giorni dell’anno (consecutivi o non) in Portogallo;
- Non essere stato residente fiscale portoghese negli ultimi 5 anni;
- La richiesta deve avvenire entro il 31 Marzo dell’anno successivo a quello in cui si è diventati residenti (questo significa, in altri termini, che per accedere al NHR program è necessario essersi dichiarati residenti).
Conclusioni
Il quadro normativo e fiscale in materia, abbiamo visto, può essere considerato tutto fuorché uniforme. Anche in considerazione delle raccomandazioni UE, è plausibile immaginare che almeno a livello europeo si andrà verso una convergenza legislativa. Questo comporterà sicuramente conseguenze a livello economico e finanziario, con i paradisi fiscali che cercheranno di incentivare (ancor più, se possibile) società ed investitori a stabilirsi nei propri confini.
Ad ogni modo ciò che è certo che il campo delle cryptovalute vedrà, nei prossimi mesi e anni, numerosi mutamenti e sarà importante tenere continuamente aggiornato il proprio sguardo su questo mondo che, come pochi prima d’ora, attrae a sé le attenzioni di tutti i fuochi in gioco: investitori, emittenti, governi e banche centrali.