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È possibile aprire una finestra in condominio?
Sei proprietario di un appartamento facente parte di un condominio e vorresti aprire una finestra per dare maggiore luce o per fare arieggiare meglio un vano del tuo immobile? Leggendo questo articolo potrai capire se è possibile l’ apertura di una finestra condominiale e, soprattutto, quali autorizzazioni occorrono per la realizzazione di questa opera.
Sicuramente un intervento simile è lecito e libero se effettuato in un edificio unifamiliare, purché nel rispetto delle luci e delle vedute di eventuali costruzioni vicine; la questione è invece più complicata se si desidera realizzare l’opera in questione in ambito condominiale, dal momento che, in tal caso, occorre rispettare la proprietà comune che si estende anche alla facciata dello stabile, che è di proprietà di tutti i condòmini. La stessa cosa vale per l’ apertura porte, per l’apertura di balconi alla romana, per la costruzione di una finestra ad abbaino o di una finestra sul tetto, in quanto anche quest’ultimo, come la facciata, è di proprietà dell’intero condominio e, dunque, di ciascun condòmino.
Dal momento che, come detto, la facciata condominiale è di proprietà di tutti i condòmini, ad essa si applica la disposizione civilistica che disciplina l’uso della cosa comune, ossia l’art. 1102 c.c., secondo cui,
Ciascun condomino può servirsi della cosa comune, purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto. A tal fine può apportare a proprie spese le modificazioni necessarie per il miglior godimento della cosa.
Il primo requisito attiene alla funzionalità intrinseca della parte comune che va ad utilizzarsi, ossia il suo scopo naturale.
L’utilizzo paritario è da intendersi quale conciliabilità oggettiva con le intenzioni di sfruttamento da parte degli altri comunisti.
In altre parole, il partecipante può beneficiare dell’utilizzo particolare della cosa comune, ma con i limiti dettati dalla legge, vale a dire il rispetto del diritto altrui e della funzione propria del bene che va a sfruttarsi più intensamente.
Anche la Cassazione ha confermato la possibilità di realizzare un’apertura sulle aree comuni del condominio:
Gli interventi sul muro comune, come l’apertura di una finestra o di vedute, l’ingrandimento o lo spostamento di vedute preesistenti, la trasformazione di finestre in balconi, sono legittimi dato che tali opere, non incidono sulla destinazione del muro, bene comune ai sensi dell’art. 1117 c.c., e sono l’espressione del legittimo uso delle parti comuni. […]
Legittima è anche l’apertura di finestre su area di proprietà comune e indivisa tra le parti (cortili e chiostrina) che costituisce opera inidonea all’esercizio di un diritto di servitù di veduta sia per il principio nemini res sua servit che per la considerazione che i cortili comuni, assolvendo alla precipua finalità di dare aria e luce agli immobili circostanti e, pertanto, sono beni fruibili dai condomini, cui spetta, anche la facoltà di praticare aperture che consentano di ricevere aria e luce dal cortile comune o di affacciarsi sullo stesso, con il solo limite posto dall’art. 1102 c.c., di non alterare la destinazione del bene comune o di non impedirne l’uso da parte degli altri proprietari (Cass. 3 gennaio 2014 n. 53).
Accanto all’art. 1102 c.c., particolare importanza riveste senza dubbio l’art. 1120 c.c., il quale vieta le innovazioni che rechino pregiudizio alla stabilità o alla sicurezza del fabbricato, che ne alterino il decoro architettonico o che rendano talune parti comuni dell’edificio inservibili all’uso o al godimento anche di un solo condòmino.
In caso di aperture finestre abusive, secondo la giurisprudenza di legittimità (Cass. 17 giugno 2010 n. 14626),
L’amministratore è legittimato, senza necessità di autorizzazione dell’assemblea dei condomini, ad instaurare il giudizio per la rimozione di finestre da taluni condomini aperte abusivamente, in contrasto con il regolamento, sulla facciata dello stabile condominiale, perché tale atto, diretto a preservare il decoro architettonico dell’edificio contro ogni alterazione dell’estetica dello stesso, è finalizzato alla conservazione dei diritti inerenti alle parti comuni dell’edificio, e pertanto ricade, ai sensi dell’art. 1130 cod. civ., n. 4, tra le attribuzioni dell’amministratore.
Quanto alle distanze tra costruzioni, va sottolineato che non esistono limiti. Ciò significa che, ad esempio, non si può lamentare il vicino per il fatto che suo il dirimpettaio sta aprendo una nuova veduta sulla sua proprietà: secondo la giurisprudenza, il condòmino, all’interno di un cortile comune, può aprire una finestra, rientrando ciò nei suoi legittimi poteri, in quanto, una cosa è la regolamentazione generale sulle distanze, un’altra la normativa civile. La prima si applica tra i condòmini di un edificio esclusivamente se “compatibile con la disciplina particolare relativa alle cose comuni, dovendo prevalere in caso di contrasto la norma speciale in tema di condominio in ragione della sua specialità”. Dunque, è legittimo l’intervento edilizio effettuato “senza osservare le norme dettate per regolare i rapporti tra proprietà contigue, sempre che venga rispettata la struttura dell’edificio condominiale”.
Quali autorizzazioni sono necessarie per aprire una finestra condominiale?

Secondo tesi tradizionale, per aprire una finestra sulla facciata di un condominio occorre avvertire l’amministratore di condominio, il quale convoca l’assemblea. Secondo la giurisprudenza, questo passaggio è, invece, superfluo, poiché trattasi soltanto di un mero esercizio di diritto attribuito dalla legge e, più precisamente, dall’art. 1102 c.c.
L’apertura di una finestra sulla facciata del condominio richiede piuttosto apposite autorizzazioni che devono essere rilasciate dal comune.
Secondo il testo unico sull’edilizia, per costruire una finestra sulla facciata condominiale oppure per aprire un lucernario sul tetto occorre un’apposita segnalazione certificata di inizio attività (SCIA). Non è più richiesto il permesso di costruire nel caso in cui, invece, non venga modificata la sagoma dello stabile.
Qualora vi siano vincoli ambientali, paesaggistici o culturali, prima di iniziare i lavori è necessario ottenere il nulla osta dagli organi preposti (sovrintendenza o altro ente competente). Difatti, la SCIA non sostituisce tali atti autorizzativi.
Inoltre, ai fini dell’istruttoria della pratica, può accadere che l’Ufficio tecnico del Comune richieda in via preventiva il nulla osta del condominio, sebbene detto consenso non sia richiesto dalla normativa. Pertanto, è bene informarsi fin da subito presso l’ufficio competente, per conoscere la documentazione necessaria per la richiesta del permesso edilizio. Non è escluso che il condominio, a sua volta, richieda un documento di rispetto della legge antisismica.
Qualora manchino le autorizzazioni suesposte, i lavori eseguiti ledano la sicurezza della struttura condominiale, la sua stabilità o l’estetica, oppure l’amministratore di condominio non sia stato informato dei lavori, l’opera realizzata può essere impugnata dagli altri condomini, i quali potranno anche richiederne l’eliminazione della stessa.